lunedì 25 agosto 2014

Basilicata Cost quel che Cost - giorno 7

Domenica 24 Agosto 2014

Orizzontale. Oggi sarà una giornata orizzontale.
Il percorso che seguiremo e ci porterà ad Aliano correrà lungo gli argini del fiume Agri verso valle. Quindi, per la prima volta, niente dislivelli e saliscendi, solo piatta e lieve discesa. Ovviamente negli ultimi due chilometri saliremo nel cocuzzolo circondato da calanchi ove sorge il paese di confino di Carlo Levi, che ispirò allo scrittore piemontese il romanzo "Cristo si è fermato a Eboli". Dico ovviamente perché,  pur senza andar per vette, i nostri 4600 metri di dislivello positivo (leggi salita) e altrettanti di negativo (leggi discesa e scegli tu quel che è peggio) ce li siamo sciroppati tutti.

Ma oggi, dicevo, è tutto orizzontale, anche il paesaggio. Il consiglio di Amedeo è di fare i bravi e di seguire la provinciale, che tanto di auto ne passa una ogni mezzora.
Secondo voi Pozzan lo ascolta? No. Su Oruxmaps la traccia dell'amico dei rovi sembra ricamare un contrappunto da un lato all'altro dell'arteria stradale: "stavolta non perdiamo il sentiero e riusciamo ad evitare l'asfalto".
All'inizio tutto bene. Incontriamo addirittura tre runners che procedono in senso contrario (quindi in un colpo solo vediamo il numero di persone medio che normalmente incontravamo in un intera giornata). Intercettata anche la galleria dove è stata girata una delle scene più famose del film di Papaleo: io tutto tronfio.  Fortunata saltella aspettandomi al varco.

E infatti. La strada diventa trazzera. La trazzera diventa sentiero. Il sentiero degrada in traccia. La traccia diventa campo di arbusti. La provinciale è sei metri sopra di noi. Sei soli fottuti metri pieni di rovi.
E qui esce 'a bbestia. Prendo un palo. No un bastone, una specie di enorme ramo, e comincio a prendere a legnate il ginepraio di spine finché si apre un varco che ci fa guadagnare il guardrail. Fortunata mi guarda dietro gli occhiali da sole e mi dice "tu vai a sentieri finché vuoi, io non lascio più la provinciale: non reggo più i rovi." E non regge più le scarpe. Quindi strada asfaltata e ciabatte. Chilometri dritti e infiniti sotto il sole verticale. Ormai i piedi sono spine e in questo scenario da deserto dell'Arizona cominciano ad attecchire i dubbi sulla prosecuzione della nostra avventura.
Cost quel che Cost,  ma non a tutti i Cost.

Però al bivio per Aliano ci arriviamo, dopo 20 chilometri. C'è ombra sotto la pensilina lignea della fermata dell'autobus e c'è pure una fontana: il posto ideale per mangiare un frutto prima di affrontare la salita. Ormai siamo arrivati, non ci può succedere nulla.
Le strade che salgono verso il centro storico sono due. Google maps (sì, il divorzio definitivo con la nostra guida virtuale era stato già sancito ore prima) ci consiglia quella a sinistra, nuovissima e molto larga. Ha dei blocchi di cemento che impediscono l'accesso alle auto ma noi siamo a piedi. Sarà venuta giù un po' di terra nella carreggiata: ne abbiamo viste di strade chiuse per un po' di terriccio franato.
Saliamo per un chilometro abbondante e ci troviamo di fronte ad una voragine apocalittica. Neanche 50 centimetri per passare. Fango secco e pezzi di asfalto ripido e sconnesso. Il guardrail sospeso nel vuoto come improbabile ponte incandescente.
Via le ciabatte.  Su le scarpe e la buona stella che finora ci ha seguito ci permette di superare indenni la frana.

Aliano è un paesino di 500 anime. Ai tempi del confino di Carlo Levi deve essere stata miseria nera e fame atavica.  L'uso di abitare i sassi non è solo della città di Matera,  solo che qui non è tufo. È terra che "fria", come direbbe Aldo del famoso trio.
Oggi è un borgo ricco di suggestione per via del paesaggio, dei calanchi, delle casupole imbiancate che sembrano avere occhi naso e bocca ma anche degli eventi culturali che si susseguono costantemente. Abbiamo la fortuna di far coincidere il nostro arrivo con l'ultima notte de La Luna e i Calanchi, un festival di musica e cultura del paesaggio. E di salsicce, birra e pollo arrosto. 

Rimessi a nuovo dalla doccia, vestiti sempre con i soliti abiti "da sera" e affamati per aver saltato il pranzo, giriamo a passo lentissimo per questo luogo fermo nel tempo, circondati da una folla molto "alternativa" in un tripudio di gonne lunghe a fiori, sigarette rollate e suonatori di Taranta.

Dopo la cena ci diamo appuntamento con gli ormai amici Amedeo e Teresa, assieme ai quali assistiamo allo spettacolo di Rocco Papaleo chiusi nell'abbraccio da nonna di piazza Pane e Vino. L'inno alla Basilicata,  cantato tutti in piedi ha il sapore di una meravigliosa sigla finale.

Eh sì. Bisogna saper iniziare le cose, ma anche sapervi por fine quando non hanno più senso. Si cammina con i piedi e se i piedi sono tutti una bolla non si va da nessuna parte.

Domattina alle 5.30 passa la corriera per Policoro e -dopo quasi 150 chilometri- noi ci si è rotto i coglioni di seguire vie che non esistono. Si va al mare e tanti saluti all'impresa.

Qui finisce anche il diario.
Per noi è stato un piacere condividere questa esperienza fantastica.
Sì, fantastica e intensa, come tutte le cose dure ma autentiche. E se qualcuno pensa che noi non ci si sia innamorati perdutamente di questa terra lucana, ha frainteso i nostri bisticci e non ha capito che si lotta solo per quel che vale.

"Ba-Ba- Basilicata... ma che ne sai, l'hai vista mai? Basilicata on my mind".

A proposito: il mare Ionio è turchese.  Che si sappia.

2 commenti:

  1. Grazie Andrea, di questo bel racconto live! Goditi il mare ora! C. Vediamo a settembre!

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    1. È stato molto bello sentire chi lo leggeva vicino: era come non essere soli in questo viaggio più avventuroso del previsto. Non è stato facile decidere di mollare, ma ora ci godiamo lo svacco del mare, il caldo e il vento. A lunedì: si comincia!!

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