Terza tappa: Saõ Miguel - 17-21 agosto - parte prima
Cambiare posto ogni tre giorni produce un leggero stress. Stiamo osservando il fenomeno, eh... lungi da me la minima ombra di scazzo lamentoso.
Anche Pico ci piaceva, così selvatica e rarefatta. E la piccola casa di lava nera in mezzo ai campi e fronte all'oceano era... Ecco.
Chissà come sarà la nostra sistemazione a Saõ Miguel: è la domanda continui a fartela soprattutto quando arrivi che piove e neppure il tassista sa dove sia il posto dove dobbiamo andare. Con la pioggia è grigio anche il paradiso terrestre, e la Quinta dove siamo ospiti è un incrocio buio tra un museo è l'odore della soffitta della nonna in campagna. È una specie di façenda sudamericana, con le stanze distribuite nelle varie casette della magione. Poi vediamo la piscina, con la veranda e la cucina: beh... Entriamo nella stanza: mah... È un po', come dire, pittoresca .
Dobbiamo andare a fare la spesa: viaggiando in aereo non potevamo portare nulla; è già tardi e vicino c'è solo un piccolo negozio. La macchina a noleggio, ci devi prendere un po' la mano e quella storia di controllare i graffietti prima di darti le chiavi ti ha messo un po' sul chivalà. E poi pioviggina... Ecco. Questa piccola sequenza di leggeri disagi produce la reazione più normale negli esseri viventi: lo stress da adattamento.
Non lo vuoi? Allora vai in vacanza, non viaggiare. Se lo accetti, quasi sempre la realtà supererà le aspettative e sarai felice di aver fatto nuovamente le valige. Ovvio. In quel "quasi sempre" c'è tutto un mondo di "se" e di "ma".
A noi è andata bene. Il mattino successivo, col sole che baciava ogni cosa (e anche quelli belli come noi) e una prima colazione da veri signori di una telenovela messicana, ci aspettava un'isola piena di straordinarie bellezze.
Saõ Miguel è la più grande e la più turistica delle isole Azzorre, lo si capisce subito dal numero di auto parcheggiate a cacchio in prossimità di ogni Miradouro, ma la varietà di paesaggi ed esperienze che offre è tale da rendere tollerabile perfino la presenza di altri turisti italiani. I locali dal canto loro si distinguono per i Pick up cassonati in legno (il mistero delle Azzorre), per le auto tamarre (o più vecchiotte delle utilitarie a noleggio) e per il loro parcheggiare in mezzo alla strada per fare i comodacci loro.
In una giornata siamo passati dalla visita a Sete Cidades, uno dei grandi laghi che si sono formati nei diversi crateri dell'isola, alla passeggiata in mezzo ai boschi dell'altura fino ai tuffi nelle piscine naturali di Mosterios e alle terme di Ponta da Feraria. Niente fretta ma niente monotonia. C'è un programma di massima (ci pensa Fortu, come avrete ormai capito): se un posto ci piace ci fermiamo, quando lo abbiamo gustato abbastanza risaliamo in macchina e via. Beviamo nei bar una birra o un caffè, il resto è tutto nei nostri micro zaini. Nel bagagliaio della Twingo ci sono i teli mare, gli scarponi, la giacca a vento, la maschera da sub e le infradito. A seconda di dove siamo si toglie e si mette. E se scorgiamo una meta fuori itinerario, cambiamo idea in un biz, mettiamo la freccia e andiamo a vedere. Qualche volta ne vale la pena, altre no.
Ci piace questo modo di viaggiare, anche se la sera siamo felici di rincasare, per concederci una cenetta di pesce sfruttando il barbecue a bordo piscina. Il vino bianco è quello di Pico. Qui a Saõ Miguel fanno il liquore di ananas, ma non è cosa.
Dio bono che gola che fai/fate venire. E d'altronde "Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. " Appunto i "se" ed i "ma" ; e anche i "macchecc.."
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