Prima tappa: Isola di Faial - 11-14 agosto 2015
Le Azzorre ci hanno accolto a schiaffi di vento in faccia. Reduci da settimane di caldo torrido in terra Veneta, siamo atterrati ad Horta che il pile usciva da solo dal trolley, tanto lo avevamo pensato.
Onde cattive sugli scogli e vento che sibilava teso tra le corde delle barche a vela ondeggianti sul porto del piccolo centro, tappa obbligata per tutti i navigatori che affrontano l'Atlantico nel loro peregrinare attorno al globo (usanza vuole che lascino memoria del loro passaggio dipingendo il pontile in cemento col nome della barca e dei membri dell'equipaggio). Imbacuccati a più strati, ci siamo ostinati a fare una passeggiata serale per poi finire chiusi nella Taberna Porto Pim a contendersi i pochi posti liberi nei tavoloni di legno. Abbiamo sopportato la sbrigativa lentezza del servizio, per prolungare il più possibile la permanenza al caldo delle pareti perlinate, poi siamo tornati fuori a farci spettinare (nel mio caso, in senso ovviamente figurato) finendo per rintanarci nella prima bettola aperta con la scusa di un gelato confezionato da spartire in due. Puzza di chiuso e troppe teste piegate sui gratta e vinci: meglio tornare al nostro B&B.
La mattina successiva ci siamo alzati che era Irlanda. Davvero ci è venuto il dubbio di aver sbagliato vacanza. La colazione dal fornaio "Nova vida" (che diventerà tappa fissa anche nei giorni a venire), la spesa per mettere nello zaino due panini, il tempo di noleggiare lo scooter e già Il tempo volgeva al bello.
Irlanda dicevo, ma anche Svizzera: prati verdi quadrettati da siepi indigene, ovunque ortensie fiorite e tante mucche. Così tante che prima o poi ti capita di fotografarne una al pascolo con lo sfondo dell'oceano: vi garantisco che la testa va in corto, perché il file "bovino" e il file "mare" non sono nella stessa directory.
Ma parliamo dello scooter. Un 50ino della Yamaha che però ci ha tirato su in due fino ai 1000 metri e più della "Caldera", la grande bocca del vulcano che (assieme ad altre minori) ha dato origine all'isola. Il tema a dire il vero non era il mezzo: ero io, che non guidavo un motorino da quando avevo 17 anni (ed era un Testi, poco più di una bicicletta insomma). Partenza in salitissima e sul selciato, con la faccia perplessa del noleggiatore che diceva tutto e pensava "addio". Fortunata, che si fidava ma anche no, ad aspettarmi in cima alla "pontara" per decidere con calma se il gioco valeva la candela.
Ma con tutta questa premessa, Pozzan alla fine ci aveva anche preso gusto. Ci siamo fermati a tutti i "Miradouros", i punti panoramici di cui sono costellati i 40 chilometri del perimetro isolano; siamo arrivati in tetto al vulcano, dove un anello di 8 chilometri percorre tutto l'orlo del cratere, in mezzo ad una vegetazione rigogliosa (l'abbiamo percorso tutto? Ne abbiamo fatto due pezzettini tanto per fare il gesto? Abbiamo fatto due giri e il secondo con una gamba sola? Resterà un segreto tra me, Fortunata e i nostri sandaletti da finto trekking). Siamo scesi ad ogni indicazione di spiaggia o piscina naturale e alla fine i kilometri erano quasi 100!
Restituito lo scooter, con le braccia che ancora mi vibravano abbiamo scovato un ristorantino dove il cameriere gobbo e con la memoria a breve completamente andata ci ha deliziati con una cena di pesce fresco locale (tonno e merluzzo vanno alla grande da queste parti), un arsenale di contorni e un brodino di pollo come apetizer. Vino bianco dalle terre vulcaniche dell'isola di Pico e un conto finale che in Italia ci mangi in uno e magari male.
La mattina seguente sveglia alle sette, colazione al forno Nova Vida e briefing con il biologo che ci avrebbe di lì a poco accompagnati a vedere balene e delfini. Prima di partire col potente motoscafo, Juan ci ha giustamente insegnato a distinguere gli uni dalle altre. Scherzi a parte, ora so che i Capidogli sono più simili ai delfini che alle balene. È per via dei denti e del fatto che cacciano anzichè filtrare l'acqua per ingozzarsi di krill e plancton.
Balene? Viste (presenze emozionanti ma che concedono poco allo spettatore). Più ruffiani i delfini che hanno giocherellato attorno alla barca finché non si sono stufati e in quattro salti ci hanno seminati.
Pomeriggio nella spiaggia di Porto Pim, bagnetto su acque oceaniche incredibilmente calme, aperitivo, cena, caffè un drink al Bar Sport da Peter, fingendo di essere velisti.
Alla fine di questa prima tappa, due sono le domande che restano tuttavia senza risposta: come mai in quest'isola tutti hanno il Pick up, più o meno nuovo, carrozzato con un cassone di ferro e legno, costruito con tecniche e foggia di 100 anni fa? E soprattutto, cosa c'è alle Azzorre quando l'omonimo anticiclone se ne sta a spasso per l'Europa?
A queste e ad altre domande troverete risposta nelle prossime puntate. Forse.
Splendido. Se pubblichi la foto della mucca col mare di sfondo potrebbe diventare sublime.
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