lunedì 17 agosto 2015

Cosa c'è alle Azzorre quando l'anticiclone se ne va a spasso - 2/a

Seconda tappa: Pico - 14 -17 agosto - parte prima

Basterebbero il mare infinito visto da sopra le nuvole, in vetta al vulcano di Pico, il nero assoluto dei muretti a secco di pietra lavica e l'immagine di due truzzi che girano per l'isola con una Nissan Primera bianca dotata di alettone, coi finestrini abbassati e gli Abba a tutto volume.
Io mi fermerei anche qui ma Fortunata ha osservato che ultimamente tendo ad essere troppo sintetico e sbrigativo (il che, detto da una donna, non suona mai come un complimento).

Allora proviamo a descrivere questi giorni iniziando da una parola: diversità.
Lasciando Faial avevamo già un po' di nostalgia e non sapevamo se la nuova isola ci sarebbe piaciuta come la prima. In soli tre giorni avevamo già individuato alcuni punti di riferimento, piccole certezze a cui subito ci si affeziona: la "padaria" dove fare colazione, la spiaggia giusta, il ristorante semi nascosto che sa sorprenderti, il posto fico per gli aperitivi low cost.
E invece si rimette tutto nel trolley (8 kg per 13 giorni: operazione alquanto breve), si sale sul traghetto e via.

Arrivati a Pico, porto di Madalena, per la prima volta nella mia vita c'era ad aspettarci una persona con il classico foglio bianco con  scritto il tuo nome (il nome era quello di Fortunata ma non importa, non stiamo qui a sottilizzare). Era Monica, titolare del B&B che ci avrebbe ospitati nei tre giorni a seguire; ci ha caricati sul suo Pick up e ci ha condotti nel piccolo centro di Santo Amaro, in una casetta circondata di granturco in fronte al mare.  Monica è architetto e lavora per gli uffici dell'UNESCO che gestiscono gli heritage dell'isola. Ci ha spiegato in lungo e in largo le peculiarità di Pico, prodigandosi in consigli e informazioni, ma io avevo una sola domanda da sottoporle. Avevo La domanda: "Perché sostituite i cassoni originali dei Pick up con questi modelli antiquati in ferro e legno?". La risposta è stata disarmante per la sua semplicità : "perché  vanno meglio". Il mistero resta ancora insoluto.

"Però, Pozzan, il tema era la diversità e non capisco dove vuoi andare a parare...".

Grazie per l'osservazione, caro lettore immaginario. Ti accontento subito.

"Diversità" è la parola che meglio descrive l'esperienza del contatto con queste isole. Sono "altro" da ciò che siamo abituati a vedere per un sacco di motivi: il loro essere lontanissime dalla terraferma e l'origine vulcanica hanno permesso la creazione di un ecosistema unico e irripetibile, dove prosperano varietà vegetali spesso endemiche, si accasano uccelli dal verso strano ma al tempo stesso vivono alla grande le mucche, che si beano di pascoli grassi anche se ripidi.

La diversità più interessante è tuttavia quella che si vive all'interno di questo piccolo universo: tra un'isola e l'altra, o nella medesima terra. Il formaggio di Pico non è il formaggio di Fajal e quest'ultimo ha poco a che vedere con un formaggio stagionato di Sao Jorge. E la nebbia di stamattina tra un'ora sarà sole cocente e potrebbe diventare pioggia fina o vento. Dipende.
Diversità suona qui come discontinuità e sorpresa. Per cui seguendo le indicazioni per le "piscinas" puoi arrivare ad una struttura curata, con vasche di acqua oceanica, docce e servizi puliti ed efficienti (intendo con le salviette di carta e il sapone sempre disponibili) e scoprire che è tutto gratis, a disposizione dei locali e degli ospiti.
Allora ti puoi scialare ordinando una "copa de vino branco" di Pico con un panino al tonno e spendere meno che per un prosecco a casa nostra. E pazienza se non ci sono le patatine.
[...]
(to be continued)

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