giovedì 22 agosto 2013

Lo zen, il giardinaggio e l'arte di salire le scale


Oggi tutti parlano di meditazione. Non solo maestri di Yoga o Guru della spiritualità orientale ma anche grandi manager, consulenti di altissimo livello, uomini politici (stranieri, s’intende) indicano nella meditazione la chiave per affrontare la complessità del momento attuale e creare le condizioni per un equilibrato e solido successo personale e professionale.

Io ammetto che ho sempre avuto difficoltà con la meditazione. Ne ho fatta troppa e in modo sbagliato in età giovanile, tanto da sviluppare poi quasi una avversione: se infatti nessuno ti spiega come “fare”, ti trovi con la mente che vaga o -peggio- che gira e rigira i soliti pensieri e il corpo che freme inquieto per la forzata passività. Tutto questo ovviamente non ha nulla a che fare con la vera pratica della meditazione, ma tant’è ed alla fine io non ho mai davvero affrontato seriamente questa salutare disciplina. Forse mi sono avvicinato a qualcosa di simile anni fa, imparando le tecniche di auto-rilassamento e riuscendo in qualche modo a fermare anche il flusso dei pensieri, ma credo che la pratica quotidiana della meditazione sia un’altra cosa.

Il problema è che io sono una di quelle persone che viene definita “troppo mentale” e se - per meditare- fermo il mio corpo tutta l’energia si concentra sulla testa e in questo modo non può succedere niente di buono. Lo so, qualcuno mi dirà che non è così, che nella meditazione vera il corpo è coinvolto totalmente e bla bla bla. Resta il fatto che per me al momento la meditazione da fermo non è ancora una modalità “congeniale”. 
Quello di cui ho bisogno in realtà è che qualcosa sposti la mia energia dalla testa ai.. piedi. L’ho capito salendo quotidianamente i 500 e più gradoni che separano Amalfi da Pontone, o comunque muovendomi in quel comprensorio dove le scale sono così onnipresenti da ispirare il nome del Comune in cui alloggiavo: Scala, appunto. E’ una questione di ritmo: se vai troppo piano, pensi. Se vai troppo veloce, entri nel “trip” di volerci mettere meno tempo della volta precedente e non serve una mazza. Bisogna trovare il giusto ritmo, sufficientemente impegnativo da spegnere i pensieri, non troppo intenso da farti concentrare solo sulla fatica; e il giusto ritmo è cosa di gambe, di respiro e di cuore. Si sale, gradino dopo gradino, assecondando le variazioni delle alzate e ascoltando solo il proprio respiro e i suoni della natura, immagazzinando bellezza con gli occhi e sentendo profumi che altrimenti non sentiresti. E basta. Niente pensieri, niente ragionamenti o riflessioni. Solo gocce di sudore che scorrono lente in viso e lungo la schiena. Gradino dopo gradino. Gradino dopo gradino...
Credo davvero sia stata l’esperienza più vicina alla meditazione che io abbia potuto fare ultimamente. Devo dire per onestà che ad ispirarmi era stata la frase di un alpinista (di cui purtroppo non ricordo il nome) che raccontava in questi termini del suo “passo da ghiacciaio”; come sempre le cose che raccogli lungo la strada prima o poi ti tornano utili e le fai “tue” quando finalmente ne fai esperienza.
Io però, per salire in casa mia, ho solo dieci gradini. Tranquilli: c’è il giardinaggio. Potare rose, raccogliere foglie secche, tagliare una siepe sembra avere lo stesso straordinario effetto sulla mia mente: prima rallenta, poi senza che me ne avveda, si ferma e lascia spazio al ritmo dei movimenti ripetuti.
Funziona anche con il giardinaggio, quindi, solo che si suda meno.

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