lunedì 30 settembre 2013

Giù per il tubo

Un tubo è costituito fondamentalmente da un corpo internamente cavo, di varia forma e lunghezza, e da due aperture: una in entrata, che chiameremo "A" e una in uscita, che con grande fantasia chiameremo "B". 
Se il tubo è composto da materiale rigido, vi può passare una certa quantità di materiale e non di più: quando il materiale in entrata ha saturato la portata del condotto, non entra più niente finché qualcosa non esce dall'altra apertura.
Se invece le pareti del tubo sono di materiale elastico, può succedere che entri più materiale di quello che riesce ad uscire. In tal caso succede quello che abbiamo visto in innumerevoli versioni nelle "comiche" cinematografiche o nei cartoni animati: c'è una canna per annaffiare il giardino attaccata al rubinetto, l'acqua entra in continuazione ma qualcosa ne impedisce la fuoriuscita. A quel punto il tubo inizia a gonfiarsi e alla fine da qualche parte scoppia, allagando chiunque si trovi nei paraggi, o si comporta come un serpente impazzito.
Ovviamente può anche succedere che il tubo sia chiuso in entrata, e allora resta vuoto, inerme e... inutile. Sì perché il tubo è fatto per essere attraversato da qualcosa che scorre, rotola o fluisce: è questa la sua funzione. Permettere e facilitare il passaggio, conducendo qualcosa da una parte all'altra. Per questo esistono i tubi.

Ora immaginiamo per un momento che il tubo sia il contenitore della nostra quotidiana esistenza. Avremo una parte da cui entrano gli input (relazioni, cose da fare, situazioni, problemi, opportunità) e una parte da cui escono degli output (risultati ed effetti). In mezzo ci sta tutto il nostro lavoro fisico e psicologico, condìto di emozioni, ragionamenti e sentimenti.

E' ovvio che se il tubo della nostra esistenza si blocca in entrata è un grande problema: se mancano le sfide, le novità, le cose nuove da fare... piano piano la vita perde dinamismo, si avvizzisce e alla fine potrebbe davvero inaridirsi o svuotarsi. Tutto quello che entra dall'apertura "A" genera cambiamento, adattamento ed evoluzione. Magari non sempre quello che arriva è buono. Magari qualche volta ci fa paura. Ecco perché piano piano iniziamo a mettere dei filtri che ci proteggono ma inevitabilmente riducono il flusso in entrata... Se poi entra qualcosa di davvero brutto e doloroso, siamo addirittura tentati di chiudere quell'apertura ergendovi un muro fatto di giudizi, difese, giustificazioni e rifiuto. Però prima o poi lo sentiamo l'odore di chiuso e ci viene a mancare il respiro: allora senza indugiare torniamo ad aprire porte e finestre, a far entrare aria fresca e nuova.

Quando invece l'apertura "A" funziona, dicevamo, le cose della vita entrano e popolano il tubo della nostra esistenza, modificandone continuamente lo stato. Entrano, riempiono tutto lo spazio, premono per entrare ancora ma... stavolta è l'apertura "B" ad avere problemi: ce ne accorgiamo perché non arrivano gli output, i risultati, quella sana chiusura degli item aperti che ci permette di non doverci più lavorare su. A seconda dell'elasticità delle pareti della nostra esistenza, ad un certo punto il tubo comincia ad allargarsi e a gonfiarsi riuscendo a contenere molto più di quello che conteneva prima. E' sorprendente quante cose riesce a trattenere e quanto riesce ad espandersi, ma il flusso non scorre e poco o nulla fuoriesce dal tubo. Il punto è che siamo così impegnati a lavorare tutta questa massa di esperienze che non ci accorgiamo subito del blocco in uscita; la nostra vita è intensa e piena di problemi e opportunità; noi siamo sempre attivi e ce la mettiamo tutta; al resto ci penseremo più avanti (anche se, ad essere onesti, cominciamo a sentirci non troppo bene).
Ma se a bloccare l'apertura "A" era la paura o la difesa, che cosa finisce per ostruire l'apertura "B"? Provo a rispondere: l'attaccamento, l'orgoglio, la volontà di far andare le cose come vogliamo noi, la pretesa di essere indipendenti, la mancanza di fiducia nella natura delle cose. Ecco cosa blocca l'uscita: non volendo mollare mai teniamo tutto dentro, volendo dirigere tutto non permettiamo a nulla di scorrere liberamente e alla fine -se non cambiamo approccio- scoppiamo. Letteralmente. La rabbia e la frustrazione aumentano ancora di più la pressione interna e prima o poi, da qualche parte, un punto del tubo cederà e farà uscire cose che non dovrebbero uscire. Non ora. Non così.

Che fare quindi? Semplice. Se la vita è un tubo basta lasciar andare tutto alla sua velocità, evitando di trattenere, far sedimentare ed incrostare; significa non elaborare troppo, accettare quello che arriva per quello che è e da esso lasciarsi attraversare usando l'elasticità delle pareti per spingerlo verso l'uscita. 

Ora sapete perché si dice "non ci ho capito un tubo".








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