sabato 3 aprile 2021

IN PENSIERI, PAROLE, OPERE e OMISSIONI - Pasqua 2021

 

Il Mea culpa passa in rassegna tutti i possibili modi in cui un essere umano può nuocere agli altri e quindi tutti i motivi per cui dovrebbe chiedere perdono (a Dio, agli altri... poco conta). Mea culpa, mea culpa... Ho sbagliato, mi dispiace, vi chiedo di perdonarmi e darmi la possibilità di riprovare.

Pensieri, parole, opere e omissioni. Mi piace pensare che questo ordine non sia casuale. Vorrebbe dire che i pensieri e le parole “pesano” più delle azioni agite e mancate. Vorrebbe dire che le cose che prima concepiamo nei nostri pensieri e poi esprimiamo con le parole sono capaci di fare del male ai nostri simili, tanto quanto o anche più di quello che facciamo “contro” gli altri o di quello che dovremmo fare e invece omettiamo.

Prima di tutto quindi ci sono i pensieri.
Il potere “magico” dei pensieri e delle intenzioni è riconosciuto fin dall’antichità da tante culture, ma oggi perfino noi occidentali siamo disposti a riconoscere che sono i nostri pensieri a creare e plasmare giorno dopo giorno il nostro futuro. Il nostro dialogo interiore genera emozioni e convinzioni, che poi si esprimono in parole e condizionano i nostri comportamenti e le nostre scelte, coinvolgendo inevitabilmente il nostro prossimo.
Come sono i nostri pensieri, così è la nostra vita. Di cosa si nutre la nostra interiorità? Di critica, giudizio, invidia, rancore, risentimento? Oppure di gratitudine, compassione, bellezza, generosità e accoglienza?
Siamo onesti con noi stessi: basta scorrere i social (senza preferenza) per capire qual è il mood dei nostri pensieri. Oh, quanta acrimònia (bel termine, un po’ desueto ma preciso), quanto astio (sinonimo un po’ più usato ma sempre vintage) e quanta rabbia repressa. Siamo quello che pensiamo, non quello che mangiamo!

Poi arrivano le parole.
Si dice che ferisce più la lingua della spada, ma nessuno controlla il porto d’armi per l’uso delle parole. Eppure le parole sono strumenti potenti, nel bene e nel male. Ci rendono capaci di entrare in connessione, trasmettere pensieri ed emozioni, consolare, incoraggiare, 
ispirare. Un biglietto scritto con il cuore e infilato nella borsa da lavoro può far spuntare un sorriso o una lacrima di tenerezza, il saluto a un estraneo incrociato per strada può far svoltare una giornata grigia, l’ascolto accogliente dello sfogo di una persona cara ne lenisce il dolore e ne alleggerisce il carico.

Ho preso in mano i telegrammi e i biglietti che ho ricevuto ormai più di vent’anni fa per la morte di mio papà: che emozione rileggerli e sentire forte nella pelle la vicinanza di tutte le persone che avevano amato e stimato mio padre. La parola scritta ha il dono di sfidare il tempo: “manet”, si fissa in modo irreversibile. Anche se provi a cancellare un post sui social, da qualche parte ne resterà traccia; un’e-mail inviata in un momento di rabbia o frustrazione colpirà il bersaglio e otterrà un effetto che poi non sarà semplice alleviare o correggere.

Non è un caso che oggi ci sia tanta attenzione, anche in azienda, per la comunicazione: ma ricordiamoci che tutto parte dall’educazione dei pensieri (e delle emozioni).

Dalle intenzioni scendono quindi le azioni e le scelte, oggetto primario dei nostri esami di coscienza -se ancora abbiamo questa buona abitudine- o dei nostri rimuginamenti.
Eh, qui non c’è niente da discutere: i fatti, i comportamenti agiti, le cose che facciamo sono lì, davanti a noi e davanti agli altri. Sono “materiali”, hanno un impatto fisico e morale evidente. Nessuno ti può condannare per un pensiero, ma se a quel pensiero fanno seguito parole e opere allora il discorso cambia perchè queste ultime cadono sotto la disciplina del diritto o -nella migliore delle ipotesi- del giudizio altrui.

Chi tra noi è più propenso all’autocritica è solitamente disposto a riconoscere il male che ha fatto nella sua vita, ma quanti sono consapevoli e sanno ammettere il male che hanno fatto nelle vite degli altri?

E infine ecco le omissioni, gli atti mancati, le parole non dette. Sono le occasioni di fare qualcosa di buono che abbiamo mancato per pigrizia, disinteresse o paura. Sono le situazioni difficili che abbiamo fatto finta di non vedere e sentire. Sono le cose che non ammettiamo di noi stessi. Sono le buone intenzioni abortite, che lastricano la via verso l’inferno dell’indifferenza e della disumanizzazione.

Mea culpa, mea culpa...

Siamo umani e sbagliamo (pare strano, ma vale anche per le donne!).
Avere uno sguardo benevolo verso di sé e verso gli altri è il primo passo. Imparare a coltivare e curare i pensieri è il secondo passo. Prestare attenzione a ogni parola che diciamo o scriviamo è il terzo passo. Far sgorgare azioni conseguenti è il quarto passo. Ascoltare veramente quello che gli altri ci restituiscono del nostro dire e del nostro agire è il quinto passo. Chiedere scusa è il passo ulteriore.

Facciamo le pulizie di Pasqua, chiediamo perdono e poi ricominciamo con il cuore più leggero, per far fiorire pensieri generosi.


Andrea Pozzan

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