"Lost in traslation" è il titolo di un bellissimo libro che un'amica mi ha regalato per il compleanno. Una raccolta di parole di varie lingue mondiali accomunate da una caratteristica: sono praticamente intraducibili, se non con una circonlocuzione, con un giro di parole più o meno lungo... Anche le illustrazioni sono stupende e aiutano a far emergere l'inespresso.
Una di queste parole è "WARMDUSCHER". I tedeschi la usano per indicare una persona che -metaforicamente- ama farsi solo una doccia tiepida, né troppo calda né troppo fredda; sono le persone iper prudenti, che non osano mai e se ne stanno rintanate nella loro area di confort. Magari si lamentano, ma neanche troppo. Principalmente dedicano gran parte della loro (scarsa) energia a ricercare le vie di minore resistenza per scorrere verso valle evitando il più possibile ostacoli, difficoltà e problemi. Di sfide non se ne parla: perché andare in cerca di rogne? Anche prendere posizione è rischioso, per cui il warmduscher diventa spesso un equilibrista delle opinioni vaghe oppure fa spallucce e dichiara con distacco il suo scarso interesse per l'argomento della contesa.
Un dubbio ogni tanto fa capolino, magari portato da una porta o una finestra che improvvisamente e imprevedibilmente gli si apre di fronte, ma viene subito avvolto nel domopack e riposto con una certa cura nel cassetto delle cose che avrebbero potuto succedere ma...
Non sono a conoscenza di studi che lo dimostrino, ma è molto probabile che il warmduscher viva mediamente più a lungo di quelli che invece la doccia se la fanno caldissima e ogni tanto -quando serve- ghiacciata. Di quei tipi sempre insoddisfatti, che quando credono in qualcosa o vogliono raggiungere un obiettivo si buttano con tutti se stessi senza risparmio di energia. Tende a sopravvivere a coloro che si spendono e si spandono, rispondendo alle richieste che arrivano da ogni parte, e si fanno sollecitare dalla vita quando bussa alla porta col suo carico di inevitabili casini.
"Chi ama brucia" diceva una vecchia pubblicità, mentre scorrevano le immagini di una tennista che je dava con la racchetta sotto il sole. Non c'è niente da fare: l'intensità logora, la velocità consuma, il fuoco incenerisce per scaldare e se vuoi il succo dolce e aspro di un agrume, lo devi spremere.
Lo sapete di cosa sto parlando. Voi che avete figli e figlie, voi che almeno una volta nella vita avete ceduto all'amore folle e totale, voi che avete fatto quella scelta anche se tutti vi dicevano di lasciar perdere, voi che anche in salita spingete coi polpacci e in discesa con gli sci sapete cosa vuol dire "mollarli". Ma lo sapevamo tutti noi, indistintamente, quando da piccoli per imparare a camminare siamo finiti mille volte con la faccia a terra e poi pianti e poi di nuovo a provarci; lo sapevamo tutti noi quando con la bicicletta senza freni prendevamo la discesa a rotta di collo e ci alzavamo con le ginocchia infuocate e le lacrime trattenute. È che poi, per qualche ragione, abbiamo iniziato a farci docce tiepide.
Allora perché bruciare? Perché darsi da fare senza risparmio? Non sarebbe meglio procedere con l'acceleratore un po' alzato e risparmiare carburante?
Forse, dico forse, la Pasqua potrebbe darci una risposta.
Forse, dico forse, ci insegna che se non muori a quello che sei non puoi rinascere a vita nuova.
Forse, dico forse, la Pasqua ci racconta che se non facciamo mai un salto nel buio e non accettiamo il rischio di sbagliare (e perfino di fallire) la nostra vita certo si prolungherà, ma cedendo all'entropia diventerà sempre più indifferenziata, piatta e incapace di riscaldare il nostro cuore e quello degli altri con il calore delle cose che hanno un senso.
Buona Pasqua a tutti.
I contenuti di questo post si intendono rivolti ad ambo i sessi e senza distinzione di razza, cultura, religione o nazionalità :-)

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