domenica 18 gennaio 2015

Big Hero 6, i minirobot e il potere della rete

Spero che le figlie non smettano troppo presto di chiedermi di accompagnarle al cinema a vedere i cartoni (che poi ormai dovremmo chiamarli in altro modo, per come nell’era digitale si sono trasformati). E quando non ne vorranno più sapere mi offrirò per accompagnare i figli dei miei amici, finché non arriveranno i nipoti e allora sarò salvo oltre che rincoglionito.
Ho visto Big Hero 6 della Disney. Lasciamo stare che è bello. Passiamo oltre al fatto che tocca temi tutt’altro che banali e fermiamoci sull’oggetto che secondo il mio punto di vista costituisce il vero nucleo di questa storia: i mini-robot.
No Andrea, tu hai visto un altro film! Il protagonista è quella specie di omino Michelin che si vede in tutti i manifesti pubblicitari. Digita “Big Hero 6” su google e vedrai che dei tuoi mini-robot non trovi quasi neanche traccia.
Abbiate la pazienza di leggermi e vi spiegherò perché mi interessa la metafora contenuta in questi aggeggi.
Fin dall’inizio del film il piccolo protagonista, un genietto 13enne, partecipa e stravince nei combattimenti clandestini tra robot grazie ad una specie di marionetta apparentemente innocua, che in realtà si rivela invincibile perché composta da elementi che mantengono un collegamento anche quando si separano, per poi ricomporsi in varie configurazioni.
Il concetto viene poi estremizzato nell’idea pazzesca dei mini-robot che da soli sembrano misere cimici ma uniti a milioni e comandati da un trasmettitore neuronale acquisiscono un potere enorme.
Non voglio spoilerare il film, che vi invito a vedere senza limiti di età, mi interessa solo sviscerare un altro po’ la metafora. I singoli elementi hanno una peculiarità: cercano sempre di entrare in connessione con gli altri simili. Si cercano, come attratti da un magnetismo irresistibile, ed essendo minuscoli riescono ad assumere ogni tipo di forma. Si separano momentaneamente per poi ricomporsi, sempre comandati da un unico pensiero.
Va da sé che gli esiti di questo potere possono avere segni anche diametralmente opposti, a seconda delle finalità di chi ne ispira l’azione. Se a comandarli è una mente malvagia possono diventare una inquietante arma di distruzione, oppure possono rendere possibili grandi imprese se mossi da un pensiero costruttivo; quello che conta è che insieme possono essere invincibili.
Questa ambivalenza nel film è ricondotta anche alla psicologia degli umani, mostrando che anche la persona più pacifica può trasformarsi in un mostro, così come gli sforzi di singole persone geniali rischiano di restare vani se non sono orientati da uno scopo più alto e collettivo.
Se ci pensiamo bene funziona così anche il terrorismo internazionale, come la cronaca recente ha tristemente dimostrato: singole cellule indipendenti, guidate da una forte ideologia, possono attivarsi in più punti del globo terrestre per portare a termine azioni efferate.
Eppure, per lo stesso principio e con lo stesso smisurato potenziale, individui connessi tra loro e animati da scopi di miglioramento vedono aumentato in modo esponenziale il loro potere, mantenendo la flessibilità e la capacità di adattamento propria dei singoli.
Ogni “nodo” è indipendente e insieme connesso, è centro di un sistema e periferia di altri di cui è a servizio.
Trasformare questo modello in uno strumento di terrore o in progetti adatti ad affrontare le perturbazioni socio-economiche del nostro tempo dipende solo da noi e dal nostro pensiero.
Questo miracolo si chiama “rete”.
Se avete cliccato sul link ormai siete usciti dal mio Blog. Ma quello che dovevo dire ormai l’avevo detto e allora: pubblicità!


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