sabato 26 marzo 2016

Eterni bruchi - Pasqua 2016

Perché ci risulta così difficile cambiare? Semplice, perché non siamo capaci di morire bene.

Ci era già arrivato Eraclito, ma in quanto filosofo non faceva testo per i più. In compenso oggi nessuno scienziato ha dubbi sul fatto che la condizione essenziale della materia nell’universo sia il movimento.
Pure la roccia di una montagna, generalmente assunta come simbolo della staticità, è composta da atomi e
quanti in vorticoso movimento. Quelli che sanno le cose, cioè gli uomini di scienza, dicono che anche le cellule del nostro corpo ogni sette anni si rinnovano completamente: per i più meticolosi, il fenomeno si chiama Apoptosi. Sta a significare che io, a 50 anni suonati, sono all’inizio del mio ottavo ciclo di completo ricambio cellulare: biologicamente parlando, non sono più nulla di quello che ero otto anni fa. Quindi sono un altro uomo.
Eppure continuo a fare gli stessi errori o, perlomeno in questo, tendo a perseverare.
Se “l’unica certezza nell’universo è il cambiamento”, come recita la famosa targa esposta al Museo di Scienze Naturali di Londra, come mai non riusciamo a rinnovarci, a rinascere a
nuova vita. Insomma: perché non siamo capaci di risorgere?
Ce lo insegna la Pasqua cristiana (ma sono convinto che questa cifra sia rintracciabile in tante culture diverse): non possiamo diventare uomini nuovi se l’uomo vecchio non muore. Non è scritto “si fa da parte”, “diventa un po’ migliore”, “si sviluppa” o “evolve”. E’ scritto
proprio “muore”.

Tutto il fenomeno naturale e meravigliosamente programmato del rinnovo cellulare si basa sulla capacità delle cellule di agire la “bella morte”. Trasformarsi significa morire per far
posto ad altro, al nuovo. Se il meccanismo si altera succedono cose brutte. O si blocca il ricambio o il nuovo si genera senza far morire il vecchio: non scendo nei dettagli tecnici, ché sono ignorante, ma possiamo intuire come nessuna delle due prospettive abbia a che fare con la vita.

Chi crede nella reincarnazione altro non dice che attraverso il nostro stile di vita creiamo le condizioni per quella che sarà la nostra prossima esistenza, dopo la morte. Una visione ingenua delle grandi religioni monoteiste farebbe loro dire pressapoco lo stesso, solo spostando l’al-di-là in una dimensione diversa (popolata da nuvole o da vergini, a seconda
dei casi). E se invece la sapienza, accumulata nei millenni dall’umanità di tutte le latitudini e longitudini, ci volesse insegnare che tutto questo può avvenire nel corso dell’esistenza terrena di tutti noi? Che l’aldilà altro non sia che la dimensione più alta in cui ognuno di noi può reincarnarsi ogni volta che “muore” al suo vecchio sé?
Significherebbe davvero che Cristo “ha vinto la morte” per tutti noi, nel senso che ha dimostrato alle nostre teste dure che rinascere a nuova vita si può, se sappiamo accettare e fare spazio a quel sano codice -iscritto fin dentro alle nostre cellule- che include la morte nel meraviglioso processo della vita.

Ecco il mio augurio per la Pasqua 2016 dedicato a tutti noi, eterni bruchi.

2 commenti:

  1. Non sono solito commentare frasi ed elucubrazioni postate su internet, ma in questo caso faccio un’eccezione in quanto credo nella profonda verità di quanto hai scritto.
    Se ognuno volesse soffermarsi a rivedere i "cicli" della propria vita, potrebbe appunto trovare più di un ciclo, cadenzato da eventi di forte impatto emotivo in cui tutte le scelte fatte in precedenza sembrano prive di senso ed il futuro di un’incertezza disarmante.
    Ma sono questi momenti potenzialmente saturi di nuova energia se accettati per quello che realmente sono, un cambiamento.
    Del resto “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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