L'immagine dei funzionari della Lehman Brothers che, all'indomani del settembre del 2008, uscivano dalla prestigiosa sede della Banca con lo scatolone che conteneva le loro cose è ormai entrata nell'immaginario collettivo. A dire il vero già i film americani ci avevano abituato a questa icona del licenziamento. Perché là funziona così: un giorno sei lì con la tua tazza a sorseggiare caffè davanti al PC, il giorno dopo "non abbiamo più bisogno di te".Lasciamo stare le considerazioni sul giusto e sbagliato, non è di questo che voglio parlare. Oggi voglio parlare di bagagli leggeri. Se sai che la tua posizione è provvisoria, non accumuli cose; non le sedimenti. Ecco perché in America basta uno scatolone per spostarsi di ufficio all'interno della stessa azienda, o in quella 20 piani sopra nello stesso grattacielo, o per finire in una strada.
Oggi ho sgombrato il mio ufficio e mi ci è voluto tutto il bagagliaio della station wagon. Senza ribaltare i sedili, d'accordo, ma vi garantisco che è grande lo stesso. Ci abitavo dal 1999 in quell'ufficio dalle grandi vetrate. Sì, ci abitavo: quando sei socio dell'azienda in cui lavori, finisci per considerare l'ufficio una estensione di casa tua; un po' perché effettivamente ci passi un sacco di tempo, un po' perché sei convinto che non te ne andrai mai. Beh, in 14 anni ho accumulato un sacco di cose: avevo 8 ante di armadio a disposizione e nel tempo le ho riempite di cartelline, documenti, vecchi telefonini, accessori per PC. Ho trovato persino i CD di "Infinito", che servivano per attivare l'accesso ad internet un'era geologica fa! Non le aprivo mai quelle porte ma non mi sono mai deciso a mettere ordine, a selezionare quello che veramente serviva: mi veniva male solo al pensiero.
E così si resta con gli armadi pieni di cose inutili ma che -per qualche misterioso motivo- pensi che prima o poi ti potrebbero servire, finché lo spazio raggiunge il punto di saturazione e allora non aggiungi più niente e non togli più niente. Resta tutto dentro. Tutto fermo. Non serve che spieghi la metafora vero?
Ci è voluto un terremoto, una acuta crisi all'interno della società, l'emergere di differenze profonde sugli obiettivi e gli stili di gestione per far saltare in aria questo tappo. E nel giro di pochi mesi tutto si è compiuto: dopo aver aiutato migliaia di persone a cambiare lavoro, senza mai cambiare il mio, ho deciso di lasciare la mia "creatura" perché non mi somigliava più (anche se a cambiare sono stato soprattutto io in questi anni: gli altri mica sono obbligati a cambiare con te!). Ho ascoltato la vocina che mi diceva di osare di più e di dare concretezza alle idee che in questi anni si sono fatti sempre più chiari dentro di me.
Ma aspetta, sto divagando. Voglio tornare sul bagagliaio pieno, sugli scatoloni che -nonostante un metro cubo tra carta e oggetti buttati (differenziati, eh...)- ora dovrò piazzare in giro per la casa. Mi sa che cadrà inesorabile quanto provvidenziale la mannaia di ogni trasloco, per cui metà della roba la elimini caricando e l'altra metà scaricando. Alcune cose infatti non sono riuscito ad eliminarle alla prima botta: apri una scatola, ci trovi dentro biglietti e cose che non avresti voluto riprendere in mano ma poi finisci per leggere con una vena masochistica. Poi ci sono le carte di mio papà. E non vorrai mica buttar via il set da scrivania in pelle vero?
Nonostante tutto, il pensiero degli armadi finalmente vuoti mi fa respirare meglio: ora c'è spazio per il nuovo. Anzi, non ci sarà più neanche bisogno di armadi perché la prossima volta, quando sarà ora di partire, voglio che tutte le cose ci stiano dentro uno scatolone. E per quello che ho in mente io, ogni giorno sarà una nuova partenza.
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