Adoro Albanese fin da quando interpretava Epifanio con la Gialappa's a Mai dire goal.
Ho appena visto l'ultimo suo film, "Come un gatto in tangenziale", dove è a fianco della Cortellesi in versione coatta.
Vedetevelo se volete, ma a me interessa il fatto che tocca quel fenomeno sociologico che io ho cercato di definire come "teoria dei tubi" e con il quale ho fracassato i maroni a parecchie mie conoscenze.
Per spiegarla in breve: ognuno di noi vive dentro a un "tubo", dove incontra e ha scambi reali prevalentemente persone che appartengono al suo "mondo". Magari ci capita di frequentare gli stessi luoghi di tutti gli abitanti degli altri tubi, ma in orari e con modalità diverse. Per capirci, al supermercato io ci vado alle 19,30 e finisco per incrociare tutti quelli che hanno vite simili alla mia; se ci andassi alle 10 di mattina o alle 17,30 incrocerei anche persone dentro a tubi diversi, anche se probabilmente le rispettive note della spesa ci farebbero comunque fare percorsi diversi lungo le corsie e io poi sceglierei le casse automatiche.
La prima volta in cui mi sono reso conto di questo fenomeno in modo palese è stato molti anni fa, quando sono entrato in un bar che frequentavo di solito ma ad un orario per me insolito: l'ho trovato pieno di persone completamente diverse, che hanno creato un'atmosfera completamente diversa da quella a cui ero abituato, fatta di parole, toni di voce, abiti e consumazioni. Mi sembrava di essere in un posto del tutto diverso e ho provato un forte senso di estraneità.
Viaggiando per gran parte del tempo dentro al nostro tubo. dei mondi a noi "periferici" o "altri" finiamo spesso per avere un'idea stereotipata, sia in positivo sia in negativo e probabilmente lontana dalla realtà. Magari, come nel caso del personaggio interpretato da Antonio Albanese, ci occupiamo per lavoro di quelle persone e facciamo progetti che pensiamo utili per aiutarle o studiamo strategie per vendere loro prodotti. Ma poiché li guardiamo da dentro al nostro tubo, è come se stessimo parlando di ologrammi e non di persone e situazioni concrete e viventi.
Queste "visioni del mondo" (quella che abbiamo del nostro tubo e di quello degli altri) si infrangono o entrano in crisi quando -magari per i casi della vita- ci troviamo nostro malgrado a vivere per un po' di tempo dentro a un tubo diverso. Un po' come nei film americani degli anni '80 e '90, nei quali il protagonista sbagliava svincolo della superstrada a 8 corsie e finiva in un quartiere malfamato, dove le regole della civile convivenza erano sostituite dalla legge della strada e la sua presenza era osservata e a volte risolta come invasione di un corpo estraneo.
Non so se sono riuscito a spiegarmi. Comunque il film prende per il culo la cultura dei radical chic, che dalla loro bolla piena di accoglienza e nutrita da raffinate frequentazioni intellettuali, guidando auto ibride (come la mia) parlano di contaminazione senza mai aver veramente vissuto dentro il tubo di quelle persone, che per loro sono niente più che una "buona causa" di cui parlare nei convegni. Guai però a finire nel condominio insieme a "Gange", "Pollicino" e gli odori delle cucine etniche di tutto il globo.
