Chi ha visto lo spettacolo della fioritura del deserto può testimoniarlo: è qualcosa che ti lascia senza fiato.
Laddove la vita sembra impossibile, in alcuni momenti dell'anno o in concomitanza di straordinari eventi atmosferici (insomma, quando piove), la terra riarsa si ricopre di veri e propri manti fioriti. Basta cercare le immagini su google per farsi un'idea di questo miracolo: rocce spaccate dal sole circondate da distese di arbusti violacei o gialli o comunque verdi.
La meraviglia ispirata da questo spettacolo nasce da una ovvia domanda: come fa un ambiente apparentemente sterile a generare tanto rigoglio? Anche la risposta è ovvia: sotto la superficie crostosa o sabbiosa dormono dei semi.
Per il momento accontentiamoci di questa risposta, che apre una domanda molto più profonda e -magari- nasconde un piccolo insegnamento per noi.
Infrangendo l'unità spazio-temporale, con buona pace del mio amico Aristotele, vi porto con me durante una delle mie corse mattutine. Ho la fortuna di abitare in un piccolo paese di provincia, alle pendici del Monte Summano: mi basta percorrere cinquecento metri per trovarmi immerso nella natura e poter corricchiare senza pestare asfalto con le mie Saucony. Ho due tre itinerari, a seconda del tempo a disposizione e della voglia di far fatica, ma tutti prevedono il passaggio per la chiesetta del "Santo", dove imbocco una stradina che conduce a una cascatella. Lì mi fermo sempre (è probabilmente la mia natura acquatica a rendermi questo luogo così "sim-patico", o forse è una scusa per riprendere fiato) e dopo anni sarei ormai in grado di fare una statistica sulla sua portata d'acqua.
E' sempre stata una cascata vivace, con un piccolo bacino d'acqua a monte e tre vie di caduta, ma negli ultimi mesi le piogge sono state molto più rare del normale e ormai a scorrere è solo un unico e magro rivolo d'acqua. Inizialmente ci stavo male a vederla così, poi col passare del tempo ho cambiato sguardo e ho iniziato a apprezzare il fatto che -nonostante la lunga siccità- l'acqua continuasse comunque a scendere e a fecondare la vegetazione circostante.
Magari vi ho già perso, per cui è meglio avviarsi alla conclusione di questo pensiero della vigilia di Pasqua.
Il fatto è che la domanda "ulteriore" a cui accennavo prima vale sia per i semi sia per la cascata: "come fanno i semi a restare vivi?", "come fa l'acqua a continuare a scorrere nonostante la scarsità di pioggia?". La domanda è una di quelle che si fanno i bambini e la risposta che danno gli adulti seri come noi non è quasi mai interessante come la domanda. Quello che conta davvero è sapere che il deserto fiorisce, i semi sopravvivono, l'acqua nel cuore della montagna resiste più di quello che immaginiamo.
Possono passare giorni, settimane, mesi o anni in cui nella nostra vita non piove, ma dentro di noi c'è una forza vitale, protetta da cavità sotterranee o da pieghe accoglienti, che ci permette di andare avanti e affrontare le piccole o grandi sfide della nostra esistenza. Capaci tutti di avanzare quando la corrente è impetuosa e ci trascina a valle senza fatica, ma non è questa la condizione della normalità. Non è la motivazione a cento e l'entusiasmo a mille. Se sappiamo amare il rivolo d'acqua che non scompare e aver cura dei semi nascosti dentro, a custodire la vita, quando verrà la pioggia ci troverà pronti e in cammino.
Allora la cascata tornerà rigogliosa e i deserti fioriranno. E noi saremo di nuovo pronti alla meraviglia.
