martedì 29 dicembre 2015

La statuina che porta le uova. Natale 2015

A casa mia, quando ero bambino, si faceva il presepe.
Non era una scelta politica: semplicemente il mondo era diviso tra chi faceva l’albero e chi faceva il presepe, non c’era niente da spiegare. E a portare i regali, almeno a me e alle mie sorelle, era Gesù bambino.

Il rito della preparazione cominciava con una fase esterna: la ricerca del muschio. Quello dell’anno prima si era seccato e non si poteva proprio usare, così si usciva e si andava alla ricerca del nuovo. Poi si saliva in soffitta a prendere le scatole con tutto l’armamentario e si cominciava la grande opera, che prevedeva innanzitutto la creazione delle infrastrutture: pezzi di legno disposti ad arte per creare colline e avvallamenti, copertura con fondo di carta mimetica spiegazzata per il ripetuto uso e delicata posa della volta celeste (sempre carta, ma blu con le stelline). La posizione della mangiatoia era nell’angolo alto a destra, non chiedetemi perché, mentre laghetto di specchio e torrente di filo argentato non potevano mancare, perché tra i vari accessori c’era anche un ponticello di legno che ci piaceva troppo e andava assolutamente piazzato da qualche parte. Giù il muschio, posate le casupole, disposte le statuine, le pecore e l’angioletto, composta la Sacra Famiglia col bue e l’asinello. Niente Gesù bambino che arrivava solo all’ultimo momento, come tutte le star.

C’è una cosa fondamentale da capire riguardo le statuine: sono sempre una diversa dall’altra. Mai visto un presepe con due statuine uguali. Noi ne avevamo poche, ma contenevano una discreta varietà: c’erano ovviamente più pastori, ma uno solo aveva l’agnello sulle spalle, c’era l’uomo con le oche vicino alla fontana, il vecchio con la pipa e il giaccone sulle spalle, pure le pecore erano una diversa dall’altra. Ricordo che avevamo anche la statuina di un uomo di colore, fermo nel gesto di chiamare gli altri con la mano aperta vicino alla bocca, a cui corrispondeva quella di un giovane che la mano aveva vicino all’orecchio, ad ascoltare. E poi c’era lei: la donna che portava nel grembiule le uova.
Sarà che io son sempre stato maldestro, ma mi chiedevo come faceva ‘sta donnina a camminare portando tutte quelle uova in grembo, senza romperle e sorridendo pure. Ma soprattutto: cosa ne faceva Gesù bambino appena nato di tutte quelle uova? A dire il vero (ma non potevo confessarlo) mi chiedevo anche che gliene poteva fregare di oro, incenso e mirra.

Oggi ho pensato al presepe (sì, va bene, mi sono commosso) e forse ho capito solo ora cosa rappresenta veramente: siamo noi, è la nostra vita. Dentro c’è di tutto. Ci sono cose belle e cose meno belle, cose un po’ rotte, tante cose vecchie e qualche pezzo nuovo che si è aggiunto. Come le statuine, ognuno di noi arriva alla mangiatoia con quello che ha e semplicemente lo offre, inginocchiandosi di fronte a ciò che vuole adorare: nel presepe è Gesù ma potrebbe essere qualcuno o qualcos’altro, purché capace di dare un senso e trasformare tutto in qualcosa di prezioso per noi e per gli altri.

E quindi, la statuina che porta le uova che c’entra? Lei era bella.